Di morti ne vediamo tanti. Ma solo in televisione. Di fronte alla morte siamo bambini davanti un film pornografico: ne siamo scioccati eppure incuriositi, turbati nel profondo ma morbosamente attratti e desiderosi di scoprire di più. Ma quel di più ci è proibito da un ordine naturale che ci sovrasta.
C'è stato questo periodo della mia vita in cui quasi quotidianamente frequentavo cimiteri e vedevo cadaveri.
Ho imparato che i cadaveri non si devono assolutamente toccare a mani nude, anche solo il contatto delle nostre narici col loro odore ci nausea. Ripugna anche solo toccarli con lo sguardo.
Ma quella mattina non avevo guanti in lattice. E dovevamo fare spazio a nuove tombe.
Il ragazzo con lo scavatore avrebbe frugato coi denti della benna il terreno e io avrei ispezionato la terra affinché ogni più piccola traccia di resti umani fosse raccolta e messa da parte, nell'ossario.
Si trattava esclusivamente di bimbi morti prima della seconda guerra; perlopiù chiodi e legno di bare. Fradici marci. Delle ossa di quegli angioletti non era restato quasi nulla. Scoprii con stupore quanto i capelli siano restii alla decomposizione. S.Tommaso D'aquino affermava che i capelli resuscitino molto meno delle altre parti del corpo.
Fui comunque costretto a raccogliere una gran quantità di ossicine minuscole. Con le mie mani nude ho perlustrato quel terreno sbriciolato di tufo, minuziosamente, cercando le piccole ossa. Quei pezzi di cranio ingialliti con ancora batuffoli di capelli, quelle ossa affatto uguali a quelle di pollo o di agnello.
Una volta finito il lavoro, mi sono fermato a bere un aperitivo al bar, da solo, come facevo ogni volta che lavoravo coi morti. Un esorcismo.
Dopo pranzo mi sono concesso un riposino sul divano con mio figlio. Un sonno breve e senza sogni, in quel caldo pomeriggio.
Il corpicino magro del mio bambino costretto attorno alle mie braccia, essendo il divano insufficiente e scomodo per entrambi. Stavamo rannicchiati l'uno accanto all'altro.
Le costole del mio bambino.
La sua testolina.
Le sue braccine.
Le sue gambine.
Non sono sicuro di non aver sognato in quel breve sonno.
C'è un rapporto tra la morte e l'amore.
La morte che aleggia su di noi senza mai abbandonarci rafforza il sentimento d'amore.
O forse qualcosa di più. Non ho più voluto pensarci.
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